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Introduzione e Cenni storici  

 

 

La principale funzione tuttora svolta dai Navigli Grande, di Bereguardo, di Pavia e della Martesana è quella dell’irrigazione dei campi ad essi sottesi, cioè posti al di sotto dei canali, sin dal 1200.
Il sistema di distribuzione delle acque dalla sponda destra dei Navigli è molto antico e si è da sempre realizzato con le “BOCCHE IN FREGIO”. Si tratta di un manufatto usato nella pianura padana composto da una bocca in lastra di pietra fissata sulla sponda del canale nella quale è tagliata un’apertura rettangolare denominata “LUCE MODULATRICE”.

   

 

 
Leonardo da Vinci, Disegno delle bocche di erogazione del Naviglio di San Cristoforo a Milano, 3 Maggio 1509
 

Negli anni trascorsi alla corte degli Sforza e al servizio dei Francesi, Leonardo da Vinci rivolse la sua attenzione alle bocche del Naviglio Grande per dirimere le contese sulle quantità di acque prelevate dai Navigli. Egli studiò le bocche nel tratto di San Cristoforo del Naviglio Grande per capire come si muovevano le correnti distribuite dalle bocche stesse e intuì la relazione basilare delle correnti che un secolo dopo Benedetto Castelli enunciò nell’opuscolo “Della misura delle acque correnti” pubblicato nel 1628: “le velocità dell’acqua hanno in ogni sezione trasversale delle correnti valore inversamente proporzionale all’area della sezione.”

 
Informazioni generali sull’irrigazione e sull’agricoltura lombarda

 

Immagine tratta dal libro “Milano & Navigli”
che illustra il sistema di presa di un canale irriguo
che attinge l’acqua dal Naviglio

 

L’irrigazione fu diffusa nella Pianura Padana dagli Etruschi grazie alla grande abbondanza di acque nella zona; nel corso dei secoli il sistema irriguo, con la costruzione di canali, rogge, fontanili e con l’introduzione di tecniche sempre più raffinate, si andò ampliando e perfezionando e rese, anche attraverso l’adozione di particolari sistemi di coltivazione, l’area intorno a Milano, una delle zone più fertili della Padania.
Dal Naviglio Grande, da quello della Martesana, e dagli altri canali irrigui, fu derivata una complessa rete di rogge che distribuiva l’acqua del Ticino e dell’Adda su tutti i terreni posti a sud dei canali, rendendoli particolarmente adatti all’uso agricolo.
Dai dati del Consorzio di Bonifica Est Ticino Villoresi, risulta che il Naviglio Grande, di Bereguardo e di Pavia con le acque provenienti dal Ticino irrigano un’estensione di circa 55.000 ettari con una disponibilità d’acqua di 60.000 l/s pari a 1,10 l/s per ettaro.
Sul complesso di 60.000 l/s il Naviglio Grande dispone di 44.000 l/s, i Navigli di Bereguardo e Pavese ciascuno di 8.000 l/s.
La zona irrigata dal Naviglio della Martesana con acqua proveniente dall’Adda dispone di 32.000 l/s pari a 2,3 l/s per ettaro, per una superficie complessiva irrigata pari a circa 14.000 ettari.

 
Immagine tratta dal libro “Milano & Navigli” che spiega il metodo di irrigazione dei campi coltivati a riso.
 

Tutte le misure segnalate riguardanti la portata d’acqua si riferiscono al periodo estivo: in inverno, infatti, le acque dei canali non vengono utilizzate per l’irrigazione dei campi dal momento che la classica coltura tramite “marcita” non viene più effettuata.
La presenza del Naviglio, via di trasporto e di comunicazione, ma anche fondamentale fonte di approvvigionamento per tutte le opere di irrigazione, fu all’origine di una fiorente agricoltura che con l’evoluzione delle tecniche irrigue, raggiunse, tra la metà del 1700 e la fine del 1800, il massimo sviluppo.
Uno dei primi metodi di coltivazione fu quello del “prato marcitoio” o “marcita”, introdotto dai monaci cistercensi nel corso del XII secolo che iniziarono l’opera di bonifica di zone acquitrinose e palustri recuperandole all’uso agricolo attraverso un ingegnoso sistema di irrigazione dei terreni.
La marcita è una speciale coltura a prato in cui l’acqua di irrigazione scorre ininterrottamente sul terreno a temperatura sempre costante e piuttosto elevata rispetto a quella dell’aria In questo modo si impedisce il raffreddamento del terreno e l’erba ha la possibilità di crescere, consentendo una produzione di foraggio fresco per l’alimentazione del bestiame nonostante il rigore invernale.
Ma la principale coltura praticata ancora oggi con l’acqua dei Navigli è certamente il riso: introdotto in Italia nel XV Secolo il riso diviene, nel corso del ‘500, la principale coltura praticata nel Piemonte e nella Lombardia.
Il riso è una graminacea acquatica la cui coltivazione è possibile ai nostri climi poiché si fa compiere alla pianta il suo ciclo di vita durante l’estate in coltura sommersa. Per questo motivo, le aree più tipicamente risiere sono concentrate dove maggiore è la disponibilità d’acqua, lungo i fiumi o i canali, e dove il terreno è più adatto, cioè composto di materiali non drenanti.
Questi due importanti fenomeni, abbondanza di acqua e particolare natura del terreno, che caratterizzano quella parte di pianura compresa tra il Naviglio Grande e la via Emilia, in particolare quella lungo il Naviglio Pavese, fanno sì che sembri, in aprile e maggio, un unico specchio d’acqua.
Come risulta dalla descrizione di A. Panella, la coltura del riso viene svolta sul terreno nel seguente modo:
“Il terreno destinato a risaia viene diviso mediante arginelli in appezzamenti detti <camere>. Gli arginelli hanno limitate dimensioni e servono a contenere l’acqua all’interno delle camere che, comunicanti fra loro mediante bocchette tagliate negli arginelli, costituiscono un lotto. L’acqua entra nella prima camera del lotto, la riempie e poi, attraverso le apposite bocchette, passa nelle camere successive, finché quella superflua defluisce in un colatore di raccolta.
Se l’acqua è troppo fredda, prima di metterla nelle camere, viene fatta passare in una <caldana> affinché si riscaldi”.

 
Informazioni generali sulle Bocche    
 
Immagine tratta dal volume“Milano & Navigli” che schematizza il funzionamento di una bocca in fregio
 

Le “bocche in fregio”, che prendevano nome dai possessori dei terreni da irrigare, regolavano le derivazioni d’acqua dei Navigli. Da diverse generazioni operavano i “campari” d’acqua, abili tecnici pratici a cui era affidata la partizione delle acque nonché di controllo dei deflussi dalle “bocche in fregio” ai navigli mediante una comune misura delle acque correnti. tale misura, introdotta nel 1200 e denominata “oncia magistrale milanese”, era fissata in una quantità d’acqua in uscita per pura pressione, pari a 0,0350 mc/s.

Le bocche di presa poste in fregio alle sponde di valle dei Navigli, perfezionate nel corso dei secoli ed ancora oggi presenti lungo tutti i Navigli irrigui, sono costituite da una apertura rettangolare delimitata generalmente da quattro lastre di pietra munite da una paratia in ferro o in legno per la regolazione del flusso d’acqua. Ad essa si integrano altri manufatti come la “vasca di calma”, dove l’acqua ristagna prima di passare attraverso una seconda paratia, e l’idrometro, indicatore di livello delle acque prelevate. Il complesso di queste opere è in muratura, ad eccezione delle paratie e dei sistemi a vite per la regolazione delle stesse, generalmente in ferro.

 

 
Modulo o bocca magistrale milanese
realizzata dall’Ing. Giacomo Soldati, 1571|1580
 

Dai dati forniti dal Consorzio di Bonifica Est Ticino Villoresi risultano le seguenti informazioni riguardo al numero delle bocche in fregio:
sul Naviglio Grande sono presenti 116 bocche, di cui 85 funzionanti;
sul Naviglio di Bereguardo sono presenti 37 bocche;
sul Naviglio di Pavia sono presenti 35 bocche e 3 scaricatori laterali per la regolazione della portata d’acqua;
sul Naviglio della Martesana sono presenti 85 bocche.

All’interno del territorio della città di Milano ci sono in totale 15 bocche così suddivise:
7 sul Naviglio Grande;
3 sul Naviglio di Pavia;
5 sul Naviglio della Martesana.
Il Naviglio di Paderno, essendo stato ideato e costruito per la navigazione, non è provvisto di bocche per l’irrigazione.

Lungo il Naviglio Grande all’interno di Milano si possono trovare alcuni esempi di bocche in fregio:
la bocca San Boniforte
porta 550 l/s e nelle sue vicinanze si trova ancora oggi il vecchio scaricatore Boniforte, canale destinato a convogliare acque di deflusso, ormai non più in funzione;
la bocca Foppa
si trova più a valle rispetto alla bocca precedente e anche questa non è più utilizzata;
la bocca Ticinello Residuo
essa si trova nei pressi della Darsena ed eroga circa 2400 l/s di acqua.


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Approfondimenti | Le bocche.pdf

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